online culture wars pt. 2

Il fenomeno dell’Alt Right è un complicato palinsesto di post-ideologie, considerazioni sui media e associazioni di gruppi sociali marginalizzati. 
La principale coesione identitaria del gruppo, oltre che bacino di nascita del movimento, è la cultura online, legata soprattutto a 4Chan.
4Chan, un vero e proprio fenomeno culturale e visivo più che una semplice piattaforma pseudo-social, ha infatti codificato, prima ancora della discesa apertamente politica del movimento, una serie di fattori identitari facilmente assimilabili al concetto di trasgressione reattiva

La storia sociale (e politica) dell’uomo ha da sempre visto alternarsi momenti di stabilizzazione di una narrazione egemone ad altri di rottura. Questi momenti hanno quasi sempre a che fare con una fondamentale carica trasgressiva. Il modello della trasgressione va in questo senso letto come uno stile, di per sé non foriero di impalcature ideologiche precise, ma sistema narrativo eterodiretto, codificato per suscitare una precisa reazione di uno specifico gruppo sociale. 
Ed è proprio in luce della considerazione dell’atto trasgressivo come esente da ogni discesa “partitica” o ideologica, che oggi è possibile affermare che le estetiche e le narrazioni dell’Alt Right americana condividono non poco con le politiche della trasgressione social-liberale degli anni ’60. La sensibilità online dell’estrema destra americana ha infatti molto più da spartire con il motto sessantottino “It is forbidden to forbid”, che con qualsiasi sezione della destra tradizionale (per statuto politico difficilmente allineata a ogni forma di trasgressione).
Secondo Angela Nagle infatti, “The Pepe meme-posting trolls and online transgressive follows a tradition that can be traced from the eighteenth-century writings of the Marquis de Sade, surviving through to the nineteenth-century Parisian avant-garde, the Surrealists, the rebel rejection of feminized conformity of post-war America and then to what film critics called 1990s ‘male rampage films’ like American Psycho and Fight Club” (Nagle 2017, p. 29). 

Non ci sorprende dunque che un personaggio come Milo Yiannopoulos – leader e volto di questa cultura – possa affermare che “the conservatism is the ‘new punk’, because it’s ‘transgressive, subversive, fun’”(Nagle 2017, p. 29).  Insomma, la facilità con cui esponenti di spicco dell’Alt Right possano appropriarsi di concetti quali il punk, ci restituisce da una parte la natura “a-partitica” della trasgressione e, contemporaneamente, ci conferma come l’Alt Right sia un prodotto estremamente lontano da ogni “right-wing” tradizionale. Essa è piuttosto da ricondurre, almeno nella sua identità comunicativa, al più ampio e storicizzato filone anti-establishment.  

Parte della forza comunicativa di questa specifica online culture, è attribuibile al secolare e ambiguo fascino per la figura del trasgressore morale (di cui i channers si autoproclamano digitali eredi) e, ancor meglio, per quella del malato mentale, di cui spesso i channers sono accusati per la “gravità” morale delle loro esternazioni. Ma lo psicopatico, come un’ampia e celebre bibliografia ci insegna (da Foucault a R.D. Laing), è anche, per statuto, libero da costrizioni e sovrastrutture sociali, sessuali e morali. Se consideriamo la community di channers come soggetto non conforme e “malato”, risulta pienamente comprensibile come la crescita di consenso e credibilità (interna allo stesso gruppo) sia con il tempo cresciuta. Cresciuta soprattutto in reazione alla definizione di quell’establishment del “politically correct”, che ha registrato in America la sua parabola dai primi 2000 alla seconda presidenza Obama. 

Una cultura, quella della community di channers, che non si definisce dunque attraverso un manifesto valoriale. Si pensi, ad esempio, alle numerose ed elaboratissime operazioni collettive che i channers hanno portato avanti nel corso degli anni (Operation Birthday Boy, RIP page trolling o l’intero “culto ironico” per Kek https://pepethefrogfaith.wordpress.com/). Operazioni dall’altissimo grado di complessità e codificazione, ma che non si risolvono in un operato concreto o una finalità sociale ad ampio spettro e prolungata nel tempo. Tale processo, tipico dei modelli trasgressivi, condivide un interessante terreno comune con l’anti-strumentalismo delle prime cyber utopie: Nagle sostiene che “the culture that produced both Operation Birthday Boy and elaborate RIP page trolling became what you might call the unwanted gift, a twist on Mauss’s The Gift, that early Internet theorist used as a central metaphor for the non-instrumental culture of sharing that it nurtured” (Nagle 2017, p.34). 
Un’ottica, quella anti-strumentale che si associa a un più ampio sentimento anti-riproduttivo. La componente sessuale detiene un ruolo centrale in molti dei discorsi trasgressivi della storia del Novecento occidentale. Anche la trasgressione online e la narrazione channer si allineano a questa tendenza. Interessante notare che, sempre seguendo una modalità reattiva, la sessualità di queste online community condivide un sentimento anti-femminista e apertamente omofobo. Due qualità che codificano non un impulso omosessuale represso, quanto piuttosto un’opposizione a, come lo definisce Nagle, l’ “overabundant procreative nature” (Nagle 2017, p. 37) serpeggiante nelle politiche identitarie del substrato sociale a cui le narrazioni channer reagiscono. 

Il modello di The Gift, così come quello dell’anti-riproduttività, ci portano a notare un ulteriore quanto inaspettato allineamento con posizioni filosofiche lontane da quelle delle online community e della loro discesa politica. Molta della letteratura queer, vede proprio nel superamento dell’atto sessuale riproduttivo, e dunque nell’analità, un forte strumento di rivendicazione socio-politico. Ora, che l’online community alla base dell’Alt Right americana abbia un’involontaria propensione queer è, per quanto molto piacevole da immaginare, decisamente forzato. Ad ogni modo, l’associazione è interessante perché ci porta a confermare la natura singolare del fenomeno Alt Right, equidistante da ogni forma di right o far-right tradizionale e politiche liberal-left. In sostanza, appare chiaro come il bacino sociale di questa trasgressione condivida sì una spinta a-morale (oltre che anti-morale), ma che nella sua associazione a consapevolezze economiche, ne decreti la discesa apertamente politica

Tornando alla specificità delle online community protagoniste della nostra analisi, ritengo importante sottolineare come questa forma di reazione comunitaria basi la sua potenza sulla coerenza con lo zeitgeist mediale del nostro tempo. In altri termini, la base online dell’Alt Right americana, deve gran parte della sua forza al fatto che ha saputo gestire coerentemente il medium che più di tutti definisce il nostro tempo: il web. Questa evoluzione politica è stata tra le prime, sulla base dell’ampiezza della propria community, a generare una piattaforma politica super internet. Insomma, un discorso che ripercorre nuovamente le pratiche di ri-mediazione della vita e che ancora una volta decreta vincitrici le narrazioni che hanno la maggiore consapevolezza dei media che utilizzano. 

Come già detto, la caratterizzazione dell’Alt Right come “destra”, ha una natura oserei dire accidentale, legata alla polarità del substrato in cui questa on-line culture s’innesta (oltre che un più complesso e di certo non secondario contesto socio-economico). Ma le sue estetiche e narrazioni hanno sicuramente coadiuvato il suo successo e, conseguentemente, una sua discesa sul piano del tangibile, del sociale e del cambiamento politico. 

In tal senso è interessante un confronto con quelle che Nick Srnicek e Alex Williams definiscono Folk Politics. In Inventare il futuro (Srnicek e Williams 2015), il termine Folk Politics “indica un insieme di idee e intuizioni che all’interno della sinistra contemporanea guidano il senso comune da cui discendono organizzazione, azione e pensiero politico” (Srnicek e Williams 2015, p. 19). In termini di contenuti, le Folk Politics auspicano un ritorno a una politica a “scala umana”, legata a rivendicazioni reattive (piuttosto che a progetti di politica attiva), favoriscono pratiche a breve termine e un’ambigua nostalgia per modelli dal sapore novecentista come la fascinazione per il “buon capitalismo” keynesiano (Davidson 2009), oltre che un sospetto per tutto ciò che è istituzionale. Le Folk Politics – di per sé assolutamente non dannose quanto problematiche per progetti radicali di superamento del capitalismo – mostrano la volontà ridurre un sistema complesso, non lineare e non collocabile spazialmente come l’intricato intreccio di dinamiche globali contemporanee, a un micro-sistema comprensibile e modificabile. Questo tipo di riduzione definisce un’azione politica che “diventa un semplice sentimento di legittimazione personale, che a sua volta maschera l’assenza di risultati reali”(Srnicek e Williams 2015, p. 17). In sintesi, l’azione “popolare” definisce un virtuoso micro sistema, ma che deve la sua sopravvivenza al macro sistema del tardo capitalismo contemporaneo. Un’azione quindi di per sé positiva e auspicabile ma che, come molte esperienze ci confermano (è il caso del movimento Occupy o del 15-M spagnolo), hanno una discesa politica e sociale non spendibile nel lungo termine e su larga scala globale. 

Il caso delle Folk Politics funziona nella nostra analisi da perfetto contraltare all’Alt Right e alle online community annesse. Ça va sans dire, qui non si sta dando alcun giudizio di valore, né si esprime sostegno a narrazioni come quelle dell’Alt Right americana e dei suoi esponenti social-politici. Tuttavia, ai fini di una comprensione precisa del fenomeno, è interessante notare come a differenza delle Folk Politics e gli annessi processi di semplificazione, l’online community dell’Alt Right americana non pretende di comprendere o semplificare una contemporaneità irriducibile, ma vi si adegua, finendo per decretarne tra le più fedeli rappresentazioni.
Il confronto con le Folk Politics è dunque funzionale a marcare da una parte il forte anacronismo (e una certa forma di nostalgismo) da parte di narrazioni ed estetiche volte al cambiamento politico reattivo su piccola scala. D’altra parte il confronto sancisce la “vittoria” culturale (e soprattutto mediale) dei modelli dell’alternative right americana: “Today, the movement that has been most remarkably successful at changing the culture rather than the formal politics is the Alt Right” (Nagle, p. 39). L’Alt Right ha definito negli Stati Uniti un “ponte giovanile” tra le varie fazioni di estrema destra (Far Right) e il trumpismo mainstream, a cui l’Alt Right ha fornito un’enorme base di consenso elettorale. 

Per tirare le fila del discorso fin qui espresso, il grande successo dell’Alt Right, e della sua online community, si concretizza nella sua capacità di plasmare un preciso bacino culturale. Un processo che, con una discreta forzatura, può riecheggiare un sapore gramsciano: “Although the tactics of the online right are updated to a digital age, it is hard to think of a better term than Gramscian to describe what they  achieved, as a movement almost entirely based on influencing culture and shifting the Overton window trough media and culture, not just formal politics” (Nagle 2017, p. 39). 

R. M.

Bibliografia:

Nagle, A 2017, Kill All Normies, Zero Books, UK.

Srnicek, N e Williams, A 2015, Inventare il futuro, per un mondo senza lavoro, Nero, Roma.

Davidson, P 2009, The Keynes Solution: The Path to Global Economy Prosperity, Palgrave Macmillan, UK.