
THE ANIMAL TURN ISSUE
Nel dicembre del 2003 fu coniato dall’antropologa americana Sarah Franklin il termine animal turn nel convegno della Cultural Studies Association of Australasia (Armstrong e Simmons 2007). L’espressione è diventata velocemente di uso comune ed è entrata a far parte del gergo accademico per definire un rinnovato interesse verso i soggetti animali e il loro rapporto con l’umano. Questo interesse verso un nuovo paradigma critico è inevitabilmente collegato al più ampio fenomeno culturale del post umanesimo. Si può quindi affermare che l’animal turn sia una conseguenza diretta di tale crisi ontologica, alla quale si abbina un interesse per le specie non umane. La progressiva erosione dei confini fra l’uomo e l’Altro ha generato uno iato che ha dato a sua volta la possibilità a soggetti non umani (animali, vegetali, processi ambientali e cosmici) di entrare a pieno titolo e dignità in uno schema filosofico più ampio (Braidotti 2014), definendo dunque una svolta paradigmatica. Se le analisi post-strutturaliste e postmoderne della fine del XX secolo, attraverso il confronto con l’Altro, hanno già attivato una serie di fertili discorsi relativi a razza, genere e nazionalità, l’approccio postumanista ne estende i confini al di fuori dell’umano. Del resto, gli animal studies hanno influenzato e trasformato i pensieri postumanisti arricchendoli di questioni relative al soggetto a e alla sua costruzione culturale, riorientando così la questione degli affect (Gregg e Seigworth 2010) e del corpo, che si caricano di un maggiore impulso etico e politico (Nayar 2014). A Donna Haraway si deve l’integrazione, già avviata in Primate Visions , degli animal studies alla teoria postumanista. Tuttavia, è in Manifesto Cyborg che la questione diventa un asse principale della sua proposta rivoluzionaria. Qui Haraway evidenzia tre tratti caratterizzanti l’epoca postumana, relativi al rapporto tra umano e animale, tra organismo e macchina e tra fisico e non fisico[1] . Haraway ha dunque riassunto il progetto postumanista, interrogando e decostruendo i sistemi di classificazione che portano a considerare l’animale come una forma di vita inferiore. Per quanto Haraway non possa essere considerata rappresentate del postumano tout court, l’evoluzione della sua riflessione è indicativa di uno spostamento concettuale condiviso.







