Grammatica del porno

L’attuale epoca geologica potrebbe essere chiamata a giusto titolo Technocene, in quanto le ragioni di definire una nuova epoca hanno senza dubbio più a che fare con l’azione tecnologica piuttosto che con lo stato psicofisiologico umano. Secondo il sociologo Hermínio Martins la definizione di Antropocene, che si rifà all’impatto dell’attività umana sul pianeta soprattutto in relazione all’aumento dell’uso di combustibili fossili e delle relative emissioni di CO2 liberate nell’atmosfera, sarebbe ormai largamente superata [1]. 
Oggi la ridefinizione della realtà è riconducibile all’azione di tecnologie alimentate non dal petrolio, ma da un flusso costante di dati che dalla rete passa offline [2]. Bot, algoritmi e intelligenze artificiali condizionano in modo opaco la nostra vita, investendo sia la sfera dell’individualità sia quella della nostra socialità.
Le applicazioni di messaggistica che controlliamo dai nostri smartphone sono le ultime e più avanzate discendenti delle chat room che spopolavano nei primi anni duemila. L’obiettivo è rimasto pressappoco lo stesso, solo perfezionato grazie a un’evoluzione tecnologica rapidissima: annullare le distanze per connettere tutti con tutti. Il proposito si è realizzato solo in parte, poiché occorre ammettere che applicazioni di questo genere contribuiscono allo stesso tempo a generare gruppi e sottogruppi, delle community nel lessico del web.
Pur avendo accesso a una potenziale rubrica infinita di contatti infatti la tendenza è quella di collegarsi con persone che, se non conosciamo già, troviamo affini. Di certo i nostri interessi guidano le nostre relazioni online esattamente come di persona, ma sarebbe ingenuo pensare che la nostra appartenenza a un gruppo online sia l’esito di una scelta in nessun modo mediata. Come è noto, qualunque ricerca o acquisto fatto online viene indicizzato dai motori di ricerca per ottimizzare e reindirizzare ricerche e acquisti futuri. Allo stesso modo siamo guidati a frequentare solo certi ambienti del web che processi algoritmici, dopo aver accuratamente classificato gusti e interessi, hanno individuato come quelli più soddisfacenti per noi. La soddisfazione di un bisogno è infatti il presupposto principale di ogni azione svolta sul web e ciò verso cui la tecnologia indirizza il suo costante aggiornamento, ma che mentre nutre il nostro senso di libertà finisce per limitare almeno in parte la capacità di scegliere. Che si tratti dell’acquisto di un libro, della visione di un film o della scelta di dove andare a cena, nessuna delle nostre decisioni è completamente libera, è necessario riflettere sul fatto che spesso ciò che pensiamo di aver “scoperto” ci è stato più che altro “suggerito” da tecnologie sviluppate per prevedere e creare bisogni.
Online prima che individui siamo utenti (e forse anche consumatori), occorre quindi essere consapevoli che questo meccanismo di pre-selezione può condizionare aspetti anche molto più delicati della nostra persona e delle relazioni che intratteniamo, compresa una sfera così personale e che reputiamo intoccabile come la sessualità.
Gusti, tendenze e curiosità sono elaborati e restituiti in forma amplificata per soddisfare ogni possibile desiderio: la sessualità e i suoi contorni oggi hanno inevitabilmente a che fare con la tecnologia. 

Sono prova di un diverso modo di intendere la sessualità anche esperienze che appartengono solo a qualche decennio fa come il film Comizi d’amore del 1964 di Pier Paolo Pasolini, in cui si indagano le abitudini sessuali degli italiani attraverso interviste. Nella tipica forma del film-inchiesta, Pasolini presenta una mappatura, una documentazione di come era intesa la sessualità in Italia e di come questa veniva condivisa socialmente. Si restituisce la fotografia di un Paese in cui erano molteplici i fattori che concorrevano a generare le affermazioni degli intervistati. Nonostante i differenti contenuti delle risposte, quello che emergeva con chiarezza era come la sessualità appartenesse a un panorama intimo, personale, condizionato dall’educazione familiare e dal contesto di provenienza, che potenzialmente poteva modificarsi solo al mutare delle condizioni del sistema. Naturalmente è obsoleto un confronto tra anni sessanta e giorni nostri, il punto è che il contesto in cui la nostra sessualità poteva maturare e formarsi era personale, vissuto e mediato, ma pur sempre reale. Un tempo a condizionare la formazione sessuale e la sua espressione erano il livello sociale, la provenienza da un ambiente rurale o urbano, l’ambiente religioso, l’accesso ai diversi gradi di istruzione (Kinsey 1957), ora è la tecnologia a svolgere questo ruolo in modo quasi unilaterale, comunicando tutto ma senza incoraggiare una reale esplorazione. 
Senza entrare nel merito della diffusione di piattaforme di pornographic video sharing come Pornhub, per segnalare questa interferenza è sufficiente ricordare l’incalcolabile quantità di community legate alla sessualità, ma anche il successo dei siti di incontri. Questi due esempi sono promemoria quotidiani di quanto la nostra capacità relazionale riguardo la sessualità sia mediata dalle tecnologie.
In questo senso occorre citare la community di 4chan, sito web imageboard  sulle cui bacheche gli utenti possono pubblicare in forma anonima e con scarsa regolamentazione i loro contenuti, spesso a sfondo sessuale e pornografico. L’artista canadese Jon Rafman centra il punto nell’opera video Still Life (Betamale), dove indaga desideri erotici attraverso una raccolta di spezzoni video tratti dai canali dedicati alle sottoculture porno di 4chan, canale in cui tra l’altro il lavoro è stato pubblicato per la prima volta. La varietà di immagini è sorprendente e inquadra la capacità del web catalizzare subculture legate alla sessualità.

Still Life (Batamale), 2013, Video a colori in HD con audio stereo, colonna sonora di: Oneohtrix Point Never, 4’54’’.

Il successo dei siti di incontri deriva invece dalla fiducia nel fatto che algoritmi siano in grado di risolvere meglio di noi i nostri rapporti e che quindi riescano a proporci il partner adatto perchè statisticamente compatibile. Nel 2015 aveva sconvolto l’opinione pubblica il caso di AshleyMadison.com, un sito di appuntamenti per persone sposate in cerca di avventure, che dopo essere stato hackerato aveva reso pubbliche le informazioni personali dei suoi trentasette milioni iscritti. Colpiva il fatto che del totale dei membri della community solo cinque fossero donne, di cui moltissime mai connesse dopo aver effettuato il primo accesso per la creazione dell’account. Un’indagine ha rivelato che la piattaforma aveva usato per far crescere il proprio volume di affari circa settantamila profili femminili automatizzati, e che di conseguenza molti uomini avevano intrattenuto per anni inconsapevolmente relazioni con software. 

Il discorso relativo alla sessualità si colloca per la sua mediazione tecnologica in un panorama più ampio. Se è vero che la percezione contemporanea è ormai mediata dalle macchine, lo è altrettanto il fatto che lo spettro della visione umana è rimasto lo stesso e copre solo una piccola parte di essa. A tal proposito è interessante considerare come la visione umana agisca in modo diverso da quella tecnologica, ma anche come queste si influenzino a vicenda.
I primi studi sulla visione umana basati sull’osservazione diretta del fenomeno sono riconducibili all’ottocento, mentre risalgono agli inizi del secolo scorso i primi dispositivi creati per registrare il movimento oculare.
La tecnologia dell’eye tracking di cui si sente tanto parlare ai nostri giorni non è dunque affatto una novità, George Buswell ne inventò un prototipo non invasivo già negli anni trenta [3], ma è negli ultimi decenni con la raffinazione delle capacità e l’integrazione nel sistema di informazioni digitali che ha acquistato nuovo potenziale e significato. Dispositivi di tracciamento oculare sono stati utilizzati con lo scopo di studiare i meccanismi della visione umana per migliorare l’efficacia della pubblicità e più recentemente per raccogliere dati sugli utenti dei dispositivi collegati al web. L’analisi del movimento oculare viene spesso elaborata simultaneamente a informazioni sull’azione fisica corrispondente: lo scorrimento della pagina, il click del mouse e la digitazione di sequenze di tasti. L’eye tracking è una componente sempre più cruciale per le industrie di monitoraggio e analisi comportamentale che si occupano dell’estrazione e dell’accumulo di informazioni in forma di dati. Tecnologie nate per conoscere e sostenere processi umani ne condizionano scelte e visione, se non altro perché gran parte di ciò che ci viene proposto online è influenzato da questi studi. Di fatto, a causa delle capacità computative delle intelligenze artificiali, l’apporto della visione umana è sempre più ridotto e la nostra capacità di risposta è delegata in certi casi ad algoritmi (Crary 2019).

 L’opera The Wall of Gazes di Mariano Sardón [4] mette in luce la differenza tra sguardo tecnologico e umano rendendo visibile come ci si rivelano le immagini attraverso i movimenti degli occhi. L’artista ha registrato gli sguardi di circa centocinquanta persone sedute davanti a dei ritratti attraverso un dispositivo eye tracker, gli sguardi sono stati successivamente archiviati e sono diventati la base di un video. Da questo appare chiaro come certe parti del viso siano realmente osservate mentre altre rimangano nascoste nel momento in cui l’attenzione si focalizza altrove: lo sguardo retinico è limitato rispetto a quello tecnologico.
La quantità di dati, tra cui immagini, che circolano online è incalcolabile, di cui molti a sfondo sessuale [5]. Nel momento in cui si assiste a una grande diffusione di contenuti ritenuti osceni si pone quindi la questione di come regolamentarli. Il termine osceno si riferisce a qualcosa che offende gravemente il senso del pudore, soprattutto per quanto si riferisce all’ambito della sessualità. Il concetto di oscenità, che investe atteggiamenti verbali, modalità gestuali e parti del corpo, non è univoco ma relativo e strettamente connesso alla cultura di origine [6]. In Italia una definizione di atto osceno è contenuta nell’art. 529 del Codice Penale, secondo il quale: “Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore” [7]. La prospettiva del “comune sentimento” lascia però spazio a speculazioni che rendono di fatto complessa una categorizzazione dei contenuti. Come sostiene Bruno di Marino non è “facile stabilire sbrigativamente che cosa sia il pornografico e cosa non lo sia. L’annosa questione della distinzione tra erotismo e pornografia, non è, di fatto, ancora stata superata” [8].   
Il concetto di osceno per la cultura occidentale contemporanea, e la sua relativa inaccettabilità, ha portato alla necessità di sviluppare diverse strategie per vedere, riconoscere e rimuovere contenuti online.
Per certe piattaforme, compresi alcuni tra i social media più diffusi, il lavoro di selezione è svolto manualmente da una massa di lavoratori sottopagati, assunti come freelance da società esterne come oDesk. Nel 2012 uno di questi lavoratori, per protestare contro le condizioni di lavoro a cui era sottoposto, ha pubblicato il manuale riservato a cui i moderatori come lui devono attenersi per valutare ed eventualmente censurare milioni di segnalazioni che ogni giorno arrivano dagli utenti di Facebook [9]. 

Altre piattaforme hanno preferito investire nello sviluppo di algoritmi e Intelligenze Artificiali a cui affidare la regolamentazione dei contenuti, insegnandogli a distinguere autonomamente quali considerare osceni e quali no. Si torna alle ragioni dell’utilizzo dei siti di incontri: “La fede nelle macchine è il presupposto per il loro utilizzo, e questo va a rinforzare altri pregiudizi cognitivi che vogliono le risposte automatizzate come intrinsecamente più affidabili di quelle non automatizzate. Il fenomeno è noto come automation bias o «bias di automazione» ed è stato riscontrato in ogni sfera della computazione – dai software per il controllo ortografico ai piloti automatici – e in ogni tipo di persona. È il pregiudizio che ci spinge a considerare le informazioni automatizzate come più affidabili delle nostre stesse esperienze, poco importa se entrano in conflitto con altre osservazioni” (Bridle 2019). La delega a processi automatizzati solleva da ogni responsabilità di errore, da qualunque colpa riguardo la diffusione di contenuti potenzialmente offensivi. Abbiamo interiorizzato il pensiero computazionale degli algoritmi che predilige la risposta più semplice e che richiede uno sforzo cognitivo minore. 
Il problema della rimozione dei contenuti sessuali, come si anticipava, non è affatto recente e si scopre che il caso che gli ha dato risonanza è quello di Chatroulette, sito web attivo dal 2009 che in maniera casuale, mette in contatto sconosciuti di tutto il mondo attraverso videochat. Già nel 2010 il sito registrava 1,6 milioni di presenze al mese e il problema delle immagini oscene a sfondo sessuale aveva assunto proporzioni incontrollabili, tanto da portare a coniare il termine penis problem. L’inventore della piattaforma ha bandito un concorso online per risolvere il problema, vinto da un ingegnere statunitense che ha proposto di utilizzare software per il riconoscimento facciale o un tracciamento dello sguardo eye tracker sul video in entrata [10].
L’investimento in questo genere di tecnologia è cresciuto successivamente assieme al volume dei siti di incontri e delle community. “Le applicazioni per il filtraggio del porno di nuova generazione usano tecnologie con apprendimento automatico e basate su reti neurali, linguistica computazionale e calcolo cognitivo. Non cercano di indovinare di che immagine si tratti per via statistica, ma piuttosto identificando oggetti attraverso le loro relazioni […] questo sforzo rappresenta un livello completamente nuovo di formalizzazione; un nuovo ordine di immagini, una grammatica delle immagini, un sistema algoritmico della sessualità, della sorveglianza, della produttività, della reputazione e della computazione che si ricollega alla grammaticalizzazione delle relazioni sociali da parte di corporation e governi” (Steyerl 2018).

Ciò che si ipotizza è un sistema algoritmico della sessualità basato sulla parzialità della visione e sulla capacità autonoma di ricostruire e riconoscere delle macchine: data come input una parte del corpo inquadrata dalla webcam si lascia alla macchina la capacità di ricostruire un contesto. Una sorta di rimando alla “grammatica del porno” che Roland Barthes individua nel sistema di posizioni e parti del corpo del marchese de Sade in cui: “ogni parte del corpo è eroticamente satura, l’insieme è una sorta di nucleo chimico, in cui ogni ‘valenza’ deve rimanere libera: tutta la sintassi sadiana è alla ricerca della cifra totale” (Barthes 1989, TdA). L’intenzione è comune, creare dei cataloghi sessuali per immagini formalizzando parti isolate del corpo e le loro interazioni al fine di renderle riconoscibili, in un caso ai propri lettori e nell’altro allo sguardo tecnologico. 
La struttura dei cataloghi sessuali tecnologici è inoltre riflesso di modi contemporanei di raccogliere, aggregare e monetizzare una conoscenza basata sui dati. Il riconoscimento di parti del corpo permette una loro “quantificazione” e risponde all’attuale modello di scambio basato sui dati tipico della Technocene.
Il lavoro svolto dalla tecnologia non è solo un lavoro di decodifica delle immagini che finisce per influenzare l’esperienza online. Non solo le parti del corpo diventano autonome e slegate dal tutto, ma la loro interazione, la loro presenza, diventa quantificabile e combinabile con qualunque altra informazione capitalizzabile.
Un’immagine, compresa quella sessuale, “non è più tanto una rappresentazione quanto una rappresentante, una mercenaria dell’apparenza, una merce fluttuante composta da texture e superficie. Persone montate, sdoppiate, assemblate, incorporate. Umani e oggetti si mescolano in costellazioni sempre nuove per diventare bot o cyborg. Mentre gli umani nutrono gli algoritmi con affetti, pensieri e socialità, gli algoritmi restituiscono la loro linfa per quella che una volta veniva chiamata soggettività.” (Steyerl, 2018).

C.C.

[1] The Technocene. 

[2] The world’s most valuable resource is no longer oil, but data.

[3] Movimenti oculari.

[4] Mariano Sardón.  

[5] Cosa accade ogni 60 secondi in rete.

[6] Osceno.

[7] Pubblicazioni e spettacoli osceni.

[8] Di Marino, B  2013, Hard media. La pornografia nelle arti visive, nel cinema e nel web,  Johan & Levi Editor, Monza.

[9] Inside Facebook.

[10] Penis Problem.

Bibliografia:

Barthes, R 1989, Sade, Fourier, Loyola, trad. R Miller, University of California Press, Berkley.

Steyerl, H 2018, Duty Free Art, l’arte nell’epoca della guerra civile planetaria, Johan & Levi Editor, Monza.

Bridle, J 2019, Nuova era oscura, Nero, Roma.

Crary, J 2019, Biometrics and the Regulation of the Gaze, in Ahogarse en un mar de datos, La Casa Encendida, Madrid, 2019.

Kinsey, A C 1957, Il comportamento sessuale dell’uomo, Bompiani, Milano.